Poi così dal nulla riprenderanno le tue forme a trovarsi col tempo.
Vuota, indecisa, lacerata ma libera: asincronia fino al nuovo ordine.
Egoismo e dedizione nasconderai dentro taccuini che
rugginiscono di parole esposte all’acqua. Pioveva quel giorno di ottobre?
O si allungava l’estate scadendo spuria su l’autunno ormai stravolto?
Pizzico la tua incoscienza che latra di compulsioni e nevrosi,
vibrafoni emotivi, accidenti vari, starnuti e fazzoletti di Jago.
Arroto coltelli come mio nonno. Ogni giorno.
Imparo a tenermi lontano dal discorso. Via dalle confessioni e dai ritardi.
Altri occhi, diversi, ti somiglieranno proprio perché cambiano colore,
giù, nella vertigine insopportabile da scacciare innervosita.
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