mi ritrovo e non dovrei nemmeno dirtelo.
cambio le lenzuola che mi hai regalato
e le odoro prima di metterle a lavare.
poi vuoto la valigia di vestiti piegati e asciugamani nuovi.
faccio ordine dentro l’armadio:
i maglioni invernali li tengo sulla destra,
quelli estivi di cotone li sistemo a sinistra.
al centro, lo spazio libero, lo occuperò di quotidiano disordine.
chiuso l’armadio mi giro verso la finestra
e nel palazzo di fronte c’è un signore
coi gomiti sul davanzale che mi guarda.
non ho tende a nascondere le mie vergogne,
quindi abbasso la tapparella e accendo la luce.
emma è accucciata ai miei piedi,
osserva ogni movimento.
mi viene vicino quando libero l’ultima scatola
e ipotizzo una sistemazione perfino per il quadro di mia moglie.
mi sento la femmina di lorenzaccio, muta e anticipata dal rumore.
passo il piumino su tutte le superfici che incontro,
levo polvere e pensieri ché a cucirli assieme – polvere e pensieri –
non sono bravo.
la polvere non sceglie dove posarsi,
come i pensieri non scelgono a chi dichiararsi.

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