Questa storia inizia nell’estate del 2015: da una parte gli attori, le comparse e i mercenari della narrazione (SIC!); dall’altra l’Uomo Libero, che osserva lo svolgersi del danno e la sua evoluzione.
Violazione di domicilio con l’aggravante della premeditazione, danni morali e materiali, contaminazione degli alimenti e tentato avvelenamento, varie ed eventuali altre porcate ai danni dell’Uomo Libero!
Il Barone è un omicida. Il Conte un pedofilo. Il Duca è italiano. Il Marchese aspetta la sua Marchesa.
Il barone è omosessuale. Il conte è bisex. Il duca è uno sciupafemmine. Il marchese fedele aspetta la sua marchesa infedele. I personaggi del manoscritto Il filo di Pan si sono trasformati in persone reali che agiscono sotto falso nome occupando ognuno di essi una stanza della casa in cui si svolge La Cura Del Sogno. Si era di luglio, mi pare, e il barone – profittando dell’assenza del paziente – si introduce nella sua casa passando dal balcone sul retro, e armato di pistola si dirige in cucina (stanza n. 1 di proprietà fittizia dello stesso barone) obbligando la madre del paziente ad inginocchiarsi e a succhiargli cazzo. Per il nostro barone omosessuale è uno sforzo – farsi succhiare il cazzo da una donna – giacché le sue preferenze sessuali sono altre, ma lo fa per poter ungere il paziente e rivendicare quantomeno una latente bisessualità repressa della nostra cavia americana. La madre del paziente si inginocchia, succhia il cazzo del barone sotto la minaccia di una pistola scarica puntata in fronte e quando il barone gli viene in bocca lei deve sputare il contenuto nell’insalata di farro e pomodorini che prima dell’irruzione del barone la madre del paziente-cavia aveva sistemato a tavola per il pranzo con suo figlio. L’accordo è il silenzio, pena una pallottola in testa: il paziente dovrà essere contaminato per mano materna, come un bambino nonostante i suoi 40 anni. Questo recita il codice giuridico della comunità a cui appartengono. Se è la madre ad armare la vendetta in quella casa, sarà la madre ad essere tramite della contaminazione. Se in quella casa il figlio è un Principe e non un Re deve essere trattato da Principe, quindi da figlio. Il paziente si accorge subito della contaminazione, smette di mangiare e si dirige in bagno a lavarsi i denti, a sciacquarsi la bocca. Come rispondere all’offesa del barone? E chi deve rispondere all’offesa del barone? Il figlio dovrà rispondere! Per dimostrare di essere Re e non figlio. Elenchiamo le offese, quindi: a) introduzione furtiva in casa del paziente; b) introduzione con arma in casa del paziente; c) introduzione in casa del paziente con minaccia armata ai danni di sua madre; d) contaminazione del pasto del paziente e di sua madre attraverso lo sperma del barone omosessuale. Sono passati tre minuti da quando il paziente è uscito di casa per aiutare la sua vicina di casa a sintonizzare il televisore nuovo, tre minuti di orologio sufficienti al barone omosessuale per rilanciare la sua disamistade silenziosa e latente nei confronti del paziente. Il barone si è innamorato del paziente. E per conquistarlo è disposto a tutto, perfino ad obbligare in ginocchio la madre del suo innamorato. Se il paziente è omosessuale non vendicherà quest’offesa. Se è un uomo taglierà la gola del barone omosessuale!
Il paziente, dopo aver trascorso gli ultimi dodici anni lontano da casa, credeva di tornarci da Re, e invece si ritrova figlio con una madre umiliata che deve ubbidire al ricatto di un barone omosessuale.
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Mi fu subito chiara la mancanza, gliela leggevo negli occhi, la assecondavo perché la capivo: era la mancanza della nostra Terra Patria! Era un tornerò ripetuto come un canto! Benetutti e Oristano. In ordine di apparizione. Silvano è nato a Benetutti. Nenno a Oristano. E intanto che caricavo i piatti nella lavastoviglie e Silvano mestolava venti kg di sugo al pomodoro, Nenno faceva irruzione in cucina: e allora? Pronti, siamo? Devo rammendare quegli anni in armi, lontano dalla mia terra a servire uno Stato – il giovane stato italiano! – che oggi, a distanza di vent’anni, reputo ostile e straniero in terra sarda. Come dice quel mio amico: l’estate si lavora per l’inverno… e d’inverno si lavora l’estate!
E poi?
E poi si muore come tutti gli altri prima di noi.
…
Nei nostri occhi allignava la morte, un’assenza, la solita mancanza. E la riempivamo di discorsi e di birre, a Torino, nel 1997. Eravamo in dicembre, ricordo, e Silvia sarebbe arrivata di lì a poco. Aspettavo lei e imparavo ad essere sardo in terra straniera, riconoscevo i miei simili, Silvano e Nenno, ed escludevo gli altri. Entrambi all’epoca avevano circa 40 anni mentre io appena venti. E mi limitavo, fin d’allora, ad osservare, concedendo il mio tempo solo a coloro che avrebbero riempito il mio vuoto di esule! È stato solamente rispondere alla vita, una specie di gioco a sopravvivere! Dopo il corso per allievi finanzieri presso la scuola Alpina della GdF mi destinarono a Torino, in cucina, l’unico servizio che mi avrebbe permesso di concludere gli studi da geometra e prendere la patente di guida. E questo accadde: tra il lavoro in cucina presso la Legione di Corso IV Novembre, la patente e il corso serale al Guarino Guarini occupavo il mio tempo dall’alba al tramonto inoltrato. Ero soddisfatto di tutto questo fare! E la stanchezza che sudava le mie palpebre era un piacevole sudore, era la gratitudine dello sforzo! [Non dovevo pensare alla chiusura della radio, mi avrebbe consumato troppe energie.]
Una cavia americana in terra sarda! Che la sperimentazione abbia inizio. È tutto pagato! Sono già stati tutti pagati. Tutti tranne la cavia americana – nonostante si sia parlato soltanto di sovranità popolare, e di come la sovranità popolare possa esprimersi in terra sarda.
[Disattendere le aspettative o anticiparle per smentirle sono solo alcuni modi di combattere chi vuole anticiparti, la spia! Che in questa storia avrà un nome e un cognome!]
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Il discorso politico è fuori dalla necessità individuale. Il discorso politico è necessità collettiva. È un noi da costruire, una sovranità da rivendicare: vuoi essere sardo in terra sarda? Vuoi una terra libera da poteri – sociali, giuridici, militari – che non siano sardi? Il potere, quando si manifesta, lo fa in termini sociali, giuridici, militari. E noi sardi non abbiamo ingaggiato apertamente e collettivamente nessun duello di sovranità sociale, giuridica, militare. Ci limitiamo politicamente ad una accettazione passiva dell’accadimento amministrativo italiano – siamo sorpassati. Ed è da questo sorpasso che muove questa mia: chi verrà dopo di noi cosa vorrà per la sua terra? Come io sono venuto dopo altri anche altri verranno dopo me e dopo di te, dopo di noi, e per loro auspico potere nelle proprie terre, il potere di decidere le sorti del luogo e delle genti che (i)vi abitano. Ne siamo capaci? In terra nostra, figlio, non ammetteremo comandi che non parlino la nostra lingua, che non siano figli – essi stessi – dei nostri drammi e delle nostre vittorie. Le vittorie dei sardi non sono italiane né spagnole né romane: sono vittorie di gente che parlava e parla come noi, gente nata in quest’isola e in quest’isola morta per difenderla, gente semplice ma sovrana!
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Tutto ciò che di spiacevole è accaduto deve accadere nuovamente, così che si diluisca la gravità dell’evento, così che la giustizia associata al danno si cristallizzi in verdetto. Ogni giorno, per quanto possibile, la cavia deve subire: una violazione di domicilio, una contaminazione degli alimenti, un’altra offesa o una difesa non richiesta: tutto il reale deve manifestarsi alle sue spalle: la realtà lo deve anticipare fino alla scadenza del contratto! Il paziente non gioca! Le sue residue forze, dopo anni di spionaggio e offese, gli permettono a malapena di interpretare l’ultimo spiacevole accadimento. Le spie sono al servizio di un potere economico-militare e, orgogliosi, rivendicano in società questa appartenenza. L’Uomo Libero è il paziente che il potere intende trasformare in cavia; sotto l’ombrello economico-militare tale potere si ramifica: c’è chi propende per una cavia americana e chi preferirebbe una cavia italiana; i sardi rivendicano una cavia sarda in virtù delle origini dell’Uomo Libero mentre i francesi gli hanno già cucito addosso i galloni della cavia rivoluzionaria. In questo gioco di ruoli l’Uomo Libero può certamente giocare il ruolo di Uomo Libero, ma gli verrà impedito con tutte le forze dai poteri economico-militari impegnati nel gioco. L’Uomo Libero, quando si sveglia, non sa che il suo sonno è stato protetto in armi, trasformando la Scatola del Sogno in prigione e l’Uomo Libero in un ostaggio. L’Uomo Libero può giocare il ruolo della rivolta, ne ha facoltà, ma il potere userà questa intenzione contro di lui, anticipandolo, e indirizzandolo verso ruoli più manovrabili, più gestibili. Il ruolo prediletto dalla sua famiglia è quello di figlio che sta male, che ha bisogno di cure, un figlio stupido e venduto, un figlio in ritardo ma non ritardato, un figlio promesso sposo, un padre in divenire, oppure un frocio elegante o un bisessuale, un figlio pazzo, ma purtroppo sempre un figlio, la cosa importante per l’avida famiglia dell’Uomo Libero è che tutto questo sia pagato in danaro. Al di là del ruolo di figlio a questi infami non interessa altro. Che lo si utilizzi in tutti i modi l’Uomo Libero, per ogni utilizzo ci sarà un prezzo. Un figlio infamato e affamato rende più dollari di un figlio rivoluzionario, di un figlio che pensa la libertà del suo popolo, e non solo la libertà della sua famiglia! Lo spirito, per l’Uomo Libero, viene prima del sangue! E la famiglia farà di tutto per impedire che questo concetto sia validato in società! E combatterà lo spirito dell’Uomo Libero mettendo sul tavolo da gioco il sangue e lo sperma! E l’Uomo Libero, in quanto figlio, perderà la sua libertà ogni giorno di più. La Casa dei Sogni, come abbiamo detto, è suddivisa in sei stanze, e ogni stanza è stata affidata a un personaggio dei romanzi che l’Uomo Libero ha scritto quando indossava i panni dell’Autore. Negli ultimi anni, questa sfrenata libidine di raccontare storie gli è stata annacquata nei modi più perversi, e se a Parigi, al bar, questo ruolo poteva essere speso benissimo, nella società sarda l’Uomo Libero, prima di poter recitare il ruolo dell’Autore, deve dimostrarlo! Per alcuni tale dimostrazione passa giocoforza per una legittimazione editoriale, per una pubblicazione, mentre per altri bastano i suoi scritti inediti. E per l’Uomo Libero? Egli non può avere voce oltre lo scritto, sarebbe una ridondanza!
La vergogna e l’onore passano attraverso il ruolo: per taluni il ruolo di spia è vergognoso, per altri è onorevole. Per l’Uomo Libero la spia ha sempre un manico infilato su per il culo che facilita l’eloquio; che la spia lavori per una giustizia giusta o sbagliata costui sarà sempre la bandiera del suo palo: ferma o indirizzata da venti che non potrà combattere!
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