il nostro presidente

Alfio Genitron: Grazie per aver accettato il nostro invito presidente.
Barack Obama: Concittadini…

Alfio Genitron: Concittadini? Siamo solo io e lei presidente, si rilassi…
Barack Obama: Oggi sono qui di fronte a voi con umiltà di fronte all’incarico…

Alfio Genitron: Ma che fa mi dà del voi?
Barack Obama: Sono grato per la fiducia che mi avete accordato, memore dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati.

Alfio Genitron: Ringraziamenti particolari?
Barack Obama: Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato durante questa transizione.

Alfio Genitron: Se vuole questo passaggio lo taglio, mi dica lei.
Barack Obama: Sono quarantaquattro gli americani che hanno giurato come presidenti. Le parole sono state pronunciate nel corso di maree montanti di prosperità e in acque tranquille di pace. Ancora, il giuramento è stato pronunciato sotto un cielo denso di nuvole e tempeste furiose. In questi momenti, l’America va avanti non semplicemente per il livello o per la visione di coloro che ricoprono l’alto ufficio, ma perché noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e alla verità dei nostri documenti fondanti. Così è stato. Così deve essere con questa generazione di americani.

Alfio Genitron: Due parole sulla crisi?
Barack Obama: Che siamo nel mezzo della crisi ora è ben compreso. La nostra nazione è in guerra, contro una rete di vasta portata di violenza e odio. La nostra economia è duramente indebolita, in conseguenza dell’avidità e dell’irresponsabilità di alcuni, ma anche del nostro fallimento collettivo nel compiere scelte dure e preparare la nazione a una nuova era. Case sono andate perdute; posti di lavoro tagliati, attività chiuse. La nostra sanità è troppo costosa, le nostre scuole trascurano troppi; e ogni giorno aggiunge un’ulteriore prova del fatto che i modi in cui usiamo l’energia rafforzano i nostri avversari e minacciano il nostro pianeta. Questi sono indicatori di crisi, soggetto di dati e di statistiche. Meno misurabile ma non meno profondo è l’inaridire della fiducia nella nostra terra: la fastidiosa paura che il declino dell’America sia inevitabile, e che la prossima generazione debba ridurre le proprie mire.

Alfio Genitron: Decrescita?
Barack Obama: Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma sappi questo, America: saranno vinte.

Alfio Genitron: E’ una dichiarazione di guerra?
Barack Obama: In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza sulla paura, l’unità degli scopi sul conflitto e la discordia. In questo giorno, veniamo per proclamare la fine delle futili lagnanze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi logori, che per troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Alfio Genitron: Dio è americano?
Barack Obama: Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, il tempo è venuto di mettere da parte le cose infantili. Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito durevole; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità.

Alfio Genitron: Lei sfugge alle mie domande però.
Barack Obama: Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, comprendiamo che la grandezza non è mai qualcosa di dato. Va guadagnata. Il nostro viaggio non è mai stato una scorciatoia o una sistemazione da poco. Non è stato il sentiero del codardo, per coloro che preferiscono l’ozio al lavoro, o cercare solo i piaceri della ricchezza e della fama. Piuttosto, è stato quello di coloro che rischiano, di quelli che fanno, dei costruttori di cose: alcuni famosi ma più spesso uomini e donne oscure nel loro lavoro, che ci hanno portato per il lungo, accidentato cammino, verso la prosperità e la libertà. Per noi, essi hanno abbandonato i loro pochi beni terreni e hanno viaggiato sugli oceani in cerca di una nuova vita. Per noi, hanno lavorato duramente nelle aziende che li sfruttavano e hanno colonizzato l’Ovest; hanno sopportato la frusta e arato la dura terra. Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; La Normandia e Khe Sahn. E’ passato il tempo e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino a che le loro mani fossero scorticate in modo che potessimo avere una vita migliore. Hanno visto l’America più grande della somma delle nostre ambizioni individuali; più grande che tutte le differenze di nascita, di benessere o di fazione.

Alfio Genitron: Insomma continuerete a esportare il Verbo liberaldemocratico in armi?
Barack Obama: Rimaniamo la più prospera, la più potente nazione sulla Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi di quando questa crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della scorsa settimana, del mese scorso o di un anno fa. La nostra capacità rimane intatta. Ma il tempo di restare saldi sulle nostre posizioni, di proteggere interessi di pochi e di evitare decisioni spiacevoli, quel tempo è sicuramente passato. A cominciare da oggi, dobbiamo tirarci su, scuoterci la polvere di dosso, e cominciare di nuovo il lavoro di rifare l’America.

Alfio Genitron: Meritiamo finalmente la libertà dal lavoro?
Barack Obama: Dovunque guardare, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia chiama all’azione, consistente e rapida, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori, ma per costruire una nuova base per la crescita.

Alfio Genitron: Crescita uguale felicità quindi?
Barack Obama: Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano il nostro commercio e ci tengono legati. Rimetteremo la scienza al suo giusto posto, e useremo le meraviglie della tecnologia per aumentare la qualità della sanità e ridurre i suoi costi.

Alfio Genitron: Ovviamente ciucciando risorse naturali, vero? Almeno lei dimostri un minimo di sensibilità ecologica. La Terra è un sistema finito, mi pare sia doveroso non scordarlo mai.
Barack Obama: Incanaleremo il sole e il vento e il suolo per alimentare le nostre auto e far funzionare le nostre fabbriche.

Alfio Genitron: Evvabbe’. Non crede che la scuola debba essere abolita?
Barack Obama: Trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per rispondere alle richieste di una nuova era.

Alfio Genitron: Mi dica la verità: sente veramente di rappresentare il popolo americano?
Barack Obama: Quello che i cinici non riescono a capire e che il terreno gli è scivolato via: che gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato così a lungo non funzionano più. La domanda che poniamo oggi non è se il nostro governo è troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavoro e uno stipendio decente, cure su cui possono fare affidamento, una pensione dignitosa. Dove la risposta è sì, significa che andiamo avanti. Dove la risposta è no, i programmi finiranno. E quelli di noi che gestiscono i dollari del pubblico devono essere ritenuti responsabili – di spendere saggiamente, di riformare le cattive abitudini, e di condurre le nostre attività alla luce del sole – perché solo allora possiamo ripristinare la fiducia vitale tra un popolo e il suo governo.

Alfio Genitron: Il mercato è al di là del bene e del male?
Barack Obama: Il potere del mercato di generare benessere e di ampliare la libertà è incontestato, ma la crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento, il mercato può sfuggire al controllo: e che una nazione non può prosperare a lungo quando favorisce solo i benestanti. Il successo dell’economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Prodotto interno lordo, ma sul raggiungimento della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità a ogni cuore volenteroso: non per carità, ma perché è la rotta più sicura verso il bene comune.

[continua? anche no…]

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