Ieri non ho solo disprezzato, ho infierito sull’uomo che mi guardava stordito, splasciato a terra come scarafaggio, craccato, e ugualmente ci ha provato a chiedermi, un solo motivo, quando il motivo della pulsione non si pregna di parole, e allora tirare dritto, basta così, sugli scalini era già stato detto tutto, basta così gli ho detto, zitto che non ti posso sentire, e invece continuava la sua danza, carcassa con fluido arancione e nerastro, e io non mi bastavo, assetato lo sono sempre, ma quegli occhi umidicci, terrore del nuovo con la barba, mai vista così vicina, la mia, orbite pronte, le mie, guardandoti parevi piccolo in fondo, lo eri, basso, sempre stato, ma pure più piccolo così vicino, mammolo, piangente sguazzante sotto una pioggia che da mane la buttava, ed è stato questo continuo moscheggiare che doveva finire, io lo sentivo e basta mi dicevo, doveva finire, basta moscheggiarmi vicino, basta zanzararmi attorno, ho detto basta, basta a quel naso gocciolo, lontano da me, basta riccioli, tornatene dentro e invece niente, le gambine sempre agitate di schiena com’eri, e zzz zzz zzz, férmati, io ti rimetto in piedi ma devi sparire, e qui dovevo tupparmi, silenzio mentre te ne sparivi da fronte a me, dentro al vecchio blu night, giù per le scalette, di nuovo a puttanoni, invece ho risolto il disprezzo nell’eccesso, ti ho appiccicato un foglio bianco nella schiena, scemo c’era scritto, e fischiettavi senza capello intanto che scalavi, riconoscibile non solo dall’odore.
[come sempre le virgole sono a piacere. fatene buon uso. svirgolate.]
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