decomposizione

ci devo tornare finché posso, tienloti a mente, fin che tu possa, acciò che quale asino dà in parete, tal riceva, sì, almeno fino a quando l’orologio a muro non mi sbrecci davanti al bronco la normalità di un saluto, devo recuperare quel nome che hai detto in sonno, gnente Pietro, la danza con le lenzuola, una taranta, ginocchia levate a sollevare la gonna, lo spazio minimo che i miei pensieri riempiono di posizioni, uno spazio per non più che trovo nell’altra stanza, dentro un libro, è ‘tanto, già, che le pagine mòrigano di parole, candore che veste il dissoluto, archeologia di allarmi prima del ritorno, nello spazio minimo occupato dall’assenza, la mia, per un altro giro di ginocchia levate.

[da sistemare a piacere purché sia salvato il suono.]

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