scuotersi nei finali

la mia scrittura è controllata, mi controllo, questo i lettori indirizzano alla mia attenzione, e dovrei allora scrivere male, anestetizzarla di meno questa scrittura, non più scrivere ma farmi scrivere in un crescendo di liberazione dalla forma, non so, mi dicono anche che la quotidianità suona la stessa nota, manco un guizzo, e gli intrecci non sono solamente finzione e funzione, sì, secondo me sono finzione e funzione invece, l’umido piccioso del quotidiano, la prevedibile certezza del mattino dopo non ha ancora gli stessi colori, quindi sei sognante, imbabbiato, alzi la serranda e magari tendi muscoli e nervi con la schiena leggermente incurvata, poi ti tocchi la punta dei piedi, uno due uno due uno due tre, prima in bagno poi la caffettiera sul fuoco, sistemi i pensieri secondo la tua personale gerarchia giornaliera, scegli quello più impegnativo, la mattina viene facile puntare il monte più alto, ci provi quindi, il caffé amaro ti allontana, ritorni sui finali, ce ne sono almeno quattro che potresti rivedere, tornaci, dài, fallo adesso, puoi spenderci qualche ora, dài, invece accendi il computer, galleggi nel suo seno, anche tu figlio di un monitor.

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