Io immagino sia andata così, tu che apri l’armadio e sai già che indosserai il vestito della laurea, però provi anche gli altri, senza fretta, e davanti allo specchio grande indugi sulla scollatura, stringi la cinta, sali sui tacchi e ti guardi le mani.
Dopo il trucco non hai lasciato che il telefono facesse il secondo squillo e ti sei vergognata, un po’, di volerlo portare dentro il tuo racconto: in cucina c’era tua madre, tuo padre e tuo fratello, che quando hanno visto quel prefisso hanno alzato gli occhi al cielo.
In macchina, verso il teatro, continuavi a parlare come se fosse normale leggere di te davanti a trecento persone, mettersi nuda e ascoltare gli occhi di chi credeva di conoscerti. Hai parlato di lui in macchina, delle sue camicie e del suo odore, hai allontanato il pensiero come lui ti ha insegnato.
Quindi il teatro, con le porte scorrevoli e un uomo dietro il bancone che si segna il tuo nome. Tua madre ti guarda, pensa al mar Ionio che vede dalla terrazza, le candele accese e i chilometri che vi dividono.
Io immagino che sia andata così, tu che guardi il leggìo e nemmeno ascolti quei trecento occhi; davanti è buio, solo una piccola luce contorna le parole che hai scritto. Devi leggere il titolo, il sipario si è aperto. Pensi. A quando il mar Ionio sbatte lento sui sassi.
Poi l’attimo, l’unico, la realtà.
E dopo solo rappresentazione, per chi non c’era. Che purtroppo può solo immaginare.
Io c’ero
2 risposte a “Io c’ero”
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“In macchina, verso il teatro, continuavi a parlare come se fosse normale leggere di te davanti a trecento persone, mettersi nuda e ascoltare gli occhi di chi credeva di conoscerti.”>Allora c’eri sul serio…nessun’altra frase può descrivere meglio quello che abbiamo vissuto…quei minuti che precedevano, per me, la fine di un’epoca e forse l’inizio di un’altra apparentemente identica alla prima, ma in realà profondamente diversa.
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Mi piace vedervi, mi piace davvero.>Eppure io non vi ho mai visto. Io non lo trovo strano.
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